Non è facile essere una mamma lavoratrice in Italia. Da una parte si è spostata in avanti l’età in cui una donna decide di diventare madre e dall’altra non è semplice trovare un lavoro che coincida bene con gli impegni famigliari e quelli dei figli.
La conseguenza naturale per molte donne è di rinunciare a una carriera professionale quando si trovano a scontrarsi con il dover scegliere tra il lavoro o la famiglia.
Mamme che lavorano
Le statistiche mostrano che il 37% delle neomamme ha rinunciato al lavoro. Le donne con tre o più figli invece, nel 52,5% dei casi sono inattive.
Sono dati che fanno pensare molto all’attuale situazione lavorativa italiana per le donne. Purtroppo il nostro Paese non incentiva la mamma lavoratrice e anzi, ancora oggi ci sono forti discriminazioni.
Notiamo uno squilibrio in famiglia, la donna viene ancora oggi vista come colei che in prima persona deve prendersi cura del figlio, che lavori o no. E il padre come colui che si prende cura del figlio quasi per fare un favore alla moglie. Fortunatamente non tutte le famiglie lo vedono in questo modo e ne esistono tantissime che hanno ben chiaro il loro ruolo in casa, ma è una mentalità purtroppo ancora radicata.
Una donna quando resta incinta spesso è vittima di discriminazioni sul lavoro e fanno fatica a far valere i propri diritti come i compagni.
Incentivi alle madri lavoratrici, esistono davvero?
In piccola parte. Spesso viene visto come l’aiuto più grande il premio nascita, cioè 800 euro quando nasce il bambino. Per il resto gli aiuti sono pochi e una donna deve scegliere: “continuo a lavorare per non sacrificare anni e anni di duro lavoro per costruirmi una carriera, oppure metto su famiglia?”.
Tale scelta non dovrebbe esistere. Una donna ha il diritto di poter essere una lavoratrice e allo stesso tempo una mamma. Sono due priorità diverse però ugualmente importanti per la realizzazione di una persona. Per questo motivo sono nati negli anni diversi servizi che aiutano la donna a farsi valere in quanto lavoratrice.
Se pensi che i tuoi diritti non siano rispettati, puoi rivolgerti ad un avvocato specializzato in consulenze psico-legali come Federica Taioli (sito https://avvocatofedericataiola.it/). Si tratta di un tipo di consulenza nata per rispondere alle esigenze di tutte quelle donne che hanno bisogno di un aiuto qualificato per gestire i vari problemi familiari e lavorativi.
E’ in alcuni casi indispensabile un confronto contestuale con avvocato e psicologo, di cui la tutela della lavoratrice madre fa parte.
Quali sono i diritti della madre lavoratrice
Non esistano a oggi delle leggi che tutelino la madre lavoratrice per tutti gli anni di lavoro. Anzi, i privilegi si fermano già quanto il bambino raggiunge una certa soglia di età. Questo perché è ritenuto giusto a un certo punto che donna e uomo abbiano gli stessi diritti sul posto di lavoro.
Se da un lato il concetto è certamente giusto, dall’altro non tiene in considerazione che una madre in casa continua a svolgere la maggior parte dei compiti, i quali vanno al di là del lavoro stesso. Crescere un figlio è qualcosa che non finisce mai. Il testo unico disciplina in modo dettagliato tutte le disposizioni legislative (la 151/2001) per quanto riguarda la tutela e il sostegno della maternità e della paternità.
Divieto di licenziamento
Quando una donna resta incinta non può essere licenziata. La legge risale al 2001. E’ comunque una buona conquista se consideriamo che in alcuni paesi non esiste niente di simile. Basta pensare agli Stati Uniti, dove il lavoro viene visto come un privilegio e come tale può essere in qualsiasi momento revocato.
Il rientro al lavoro
Nel disegno di legge del Bilancio 2022 è previsto che quando la mamma lavoratrice rientra al lavoro dopo il congedo obbligatorio di maternità di un anno avrà uno sconto del 50% dei contributi, in modo da avere una busta paga più generosa.
Al ritorno la madre lavoratrice dovrà riprendere la stessa mansione che occupava prima del congedo. Nel mentre i suoi compiti devono essere ridistribuiti tra gli altri dipendenti oppure presi in carico da una persona che la sostituisce.
La legge lo prevede, però nella pratica non sempre succede. Molte volte la donna torna sul posto del lavoro che è stata demansionata. L’unica cosa da fare è rivolgersi al giudice di pace che farà gli opportuni accertamenti e, se lo conferma, la donna ha il diritto aD un risarcimento e a riprendere il suo posto.
Maternità facoltativa
La mamma lavoratrice può richiedere anche la maternità facoltativa e quella di allattamento. C’è quella obbligatoria che va dai 3 ai 5 mesi e lo stipendio è dell’80%. Se la mamma ne ha bisogno può richiedere la maternità facoltativa, da usare anche un po’ alla volta. La durata massima è in genere di 7 mesi, però se la madre è single può richiederne 10.
Se viene richiesta fino al sesto anno di vita del bambino c’è una retribuzione del 30%. Fino all’ottavo anno è sempre del 30%, però dipende se rientra nei requisiti di reddito richiesti. Infine, dall’ottavo al dodicesimo mese non è prevista nessuna retribuzione.